LE EMOZIONI ABITANO IL CORPO

DONNA COL CAPRONE

Le emozioni, si sa, abitano il corpo. Con il nostro corpo possiamo stringere una forte alleanza per imparare ed addestrarci a viverle nella maniera migliore, assaporando ed esprimendo la loro vitalità senza consentire loro di travolgerci e di fare danni, a volte irreparabili.
Lunghi anni di eutonia mi hanno educata all‘ascolto di me, immobile o nel movimento. È così accaduto che portare e mantenere l’attenzione in un punto piuttosto che nell’altro provocasse profonde risonanze, mi portasse alla mente ricordi perduti, sciogliesse nel pianto grumi originati chi sa quando, chi sa come…
Aprire la porta all’attenzione e all’ascolto delle mie sensazioni, sospendere il giudizio, mi ha dato più consapevolezza di mille discorsi e mi ha consentito di cogliere i segnali da prendere in considerazione prima di essere travolta da un’esplosione di rabbia o da un attacco di ansia, per risollevarmi e darmi coraggio in una giornata buia.
Ho imparato a mettere in atto semplici strategie: ad ascoltare e modificare il respiro, a sdraiarmi per terra o a portare l’attenzione ai piedi per scaricare tensioni, a fare semplici movimenti che mi aiutano ad aprire torace e cuore, ad allargare le braccia e darmi lo slancio per staccarmi dalle miserie e volare, a danzare da sola lasciando che il mio corpo si riempia della musica e si muova al ritmo di cui ho bisogno al momento.
Ho trovato maestri e maestre che mi hanno accompagnata in questa ricerca, che mi hanno fatta esercitare ad osservare i fenomeni che incontravo, senza la pretesa di insegnarmi che cosa è bene fare in un caso o nell’altro, ma offrendomi delle chiavi per capire cosa era bene per me.
Avevo intuito che associare certi movimenti a specifici ricordi o immagini mentali mi aiutava a recuperare lo stato desiderato. La PNL mi ha indicato strategie e scorciatoie per ancorare determinati stati, in maniera di potervi accedere più facilmente e a modificare la rotazione delle emozioni sul nascere, per rallentarle e indirizzarle.
Quando serve, richiamo alla mente i miei luoghi mitici, gli incontri risolutivi, le esperienze straordinarie che ho vissuto, rivedo le immagini, ascolto le voci e i suoni, ri-sento nel mio corpo le sensazioni di allora…e quasi per incanto si ricrea dentro di me lo stato desiderato, con il quale meglio affrontare la prova che mi aspetta.
…avete capito che l’incontro con la balena azzurra, di cui ho scritto ieri, è la mia ancora potente che mi consente di affidarmi, calma e sicura, quando devo affrontare un’incognita grande?

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INNESTARE IL NUOVO

andrea innesta

Innestare il nuovo perchè avvenga la trasformazione che porti frutti migliori: questa è la lezione di primavera che la marroneta mi consegna.
Ho seguito ed osservato Andrea alle prese con i suoi primi innesti e, al solito, ho appreso qualcosa che va ben oltre l’evento contingente.
Il tema è quello di come cultura incontra e trasforma natura.
Si perde nella notte dei tempi il momento in cui qualcuno sperimentò la tecnica capace con un piccolo gesto di cambiare le caratteristiche selvatiche di un albero e renderlo domestico.
L’innesto è un’operazione chirurgica, il suo strumento è la lama tagliente e precisa.
Richiede le attenzioni di una sala operatoria, ma anche la conoscenza e la cura affettuosa di un vecchio amico sincero.
La mano deve essere ferma e sicura mentre impugna la sega che abbatte tutto quello che è cresciuto fino allora sopra e intorno la base scelta per l’intervento, mentre seziona e incide con la forbice e il coltello il frammento di marza con la gemma destinato ad essere inserito tra la corteccia e il legno, la dove scorre la linfa vitale.
Lo sguardo ha bisogno di essere acuto e insieme largo ed aperto: deve saper vedere differenze millimetriche e riconoscere da lontano “domestico” e “selvatico” su una stessa pianta.
Tutte le antenne della sensibilità sono necessarie per scegliere il giorno che le condizioni climatiche rendono migliore, per prevedere i rischi e mettere in atto le strategie di difesa.
L’operazione in sé è relativamente breve, ma la preparazione e la cura successiva richiedono lunghi tempi.
Vanno individuate e ripulite le basi su cui effettuare l’innesto: spesso cresciute dai polloni di un vecchio tronco o dalle radici di una base corrosa dal tempo, talvolta ricavate da un fusto di palina.
Allo spuntare delle prime gemme si tagliano le marze, giovani rami che hanno appena cominciato a legnificare, di solito nati da una drastica potatura dell’anno prima. Secchi tagli tra una gemma e l’altra definiscono poi i confini del legnetto da innesto: da una parte la gemma, dall’altra la linguetta ricavata con il coltello che sarà inserita nella base prescelta
Quando le condizioni climatiche sono favorevoli si procede all’innesto: si inseriscono uno o più legnetti gemmati tra la corteccia e il legno, si “suturano” i tagli con il mastice, si avvolge il tronco in una gabbia ricavata da grosse frasche legate strettamente in modo da svolgere la duplice funzione di contenimento e di protezione…e si aspetta.
Se tutto va bene si vedranno aprire le gemme, nascere nuove tenere foglioline, sviluppare il rametto che anno dopo anno crescerà fino a portare i suoi frutti.

Non sono diversi i processi che si mettono in atto quando il presente non ci gratifica abbastanza, non si vedono prospettive soddisfacenti per il futuro e si decide di attivare un percorso di cambiamento e arricchimento personale.
Occorrono solide radici da cui far salire e circolare la linfa: possono essere recenti o addirittura centenarie, l’importante è che sappiano cogliere il nutrimento che il terreno offre e trasformarlo in energia vitale.
Con le radici salde si può, si deve, avere la capacità di operare dei tagli che sfrondano e recidono quello che è vecchio o non funzionale e che produce frutti miseri, se non addirittura nocivi.
Il cambiamento si presenta giovane, con una storia recente… ma porta una gemma: promessa turgida e preziosa di futuri sviluppi. Si insinua fragile e sottile dove scorre sincera l’energia più vitale. Dapprima ha bisogno di protezione e di cura: si nutre, si rafforza, cresce. Produrrà nuovi frutti.

 

 

innesto

LEZIONE DELL’OMBRA

castagno giovane e vecchio

 

Bianca luce disegna il profilo del monte
contende alla luna
il dominio sul bosco incantato.
Accarezza i castagni, giganti bloccati.
Disvela le forme e alimenta il mistero.

A passo di danza
avanza l’aurora nel cielo e tra i rami.
Il colore riscalda le nubi
nel loro abbraccio alla luna.
Tra le foglie
riflessi cangianti di gialli e di bruni
giocano a nascondino
per non farsi acchiappare.

Il silenzio acuisce il mistero:
nuove voci, remoti fruscii
sussurrano e cantano
auguri e presagi di un giorno a venire.

Un crescendo veloce
di luce e di suoni
ormai segna il risveglio.

Ecco il raggio che appare.

Si copre d’arabeschi danzanti
l’uniforme tappeto di muschio.
Ogni tronco, ogni ramo, ogni foglia
acquista spessore.

Anche a me dona l’ombra
l’affacciarsi del sole

e l’incanto scompare.

da Lezioni della marroneta, ottobre 2012

 

LA MIA LUCE NON MI FA PAURA

catalessi

Il percorso in PNL che ho intrapreso un anno fa con Lapo e Stefania mi ha dato tanto: ha arricchito la mia professionalità, consentendomi di affinare e integrare tante competenze che già avevo maturato nel tempo, mi ha consegnato tecniche e strumenti utili per migliorare la mia vita quotidiana e aiutare altri, mi ha regalato momenti di gioia e di allegria condivisa, mi ha consentito di incontrare persone e stringere relazioni autentiche, che hanno un grande valore in sé, indipendentemente da quanto potranno durare nel tempo…

Soprattutto mi ha insegnato che non devo aver paura della mia luce!

“Si, ebbene, si! Così, proprio così!” sono le parole che continuano a risuonare dentro di me con voce sincera e appassionata: hanno un timbro maschile o femminile, variano di volume e di intensità, si riferiscono ad esperienze che avrei ritenuto impossibili o mi incoraggiano a muovermi per raggiungere risultati desiderati ed ambiti; sempre mi incitano a osare di tirare fuori e manifestare quella energia e quel potenziale che già sono dentro di me.

Questo è il grande valore simbolico che va ben oltre l’esperienza in se stessa “impossibile” che ho vissuto con il corpo in catalessi, dritto come una tavoletta tra due sedie che lo sostenevano solo alle estremità.

Ero in uno stato di trance non molto profonda: ricordo benissimo la voce di Lapo che mi dava le istruzioni “Entra dentro di te….rilassati…senti il tuo corpo che diventa come l’acciaio…e ora, mantenendo questa sensazione, sentilo come se dei palloncini lo sollevassero…” e quella di Stefania che mi sottolineava i passaggi con suoni onomatopeici, mi incitava con il suo “Bene, così!” Intanto io percepivo con chiarezza i cambiamenti nel mio corpo: il compattarsi dei muscoli che allargava lo spazio tra la pelle e gli abiti, la lieve sollecitazione della mano di Lapo che muoveva verso l’alto la mia cintura, il farsi leggero delle mani che si staccavano dalla pancia, lo sfilare della sedia… forse si è affacciato alla mia mente anche un sorriso autoironico quando ho sentito che la rotondità adiposa della mia natica era di freno al bordo ricurvo della sedia; ma sapevo che “la cosa impossibile” era lì, si poteva fare…e che non sarei caduta!

Per questo quando poi mi sono alzata ho stretto Lapo in un abbraccio commosso, pieno di gioia e di gratitudine…anche per me stessa. Avevo saputo dar seguito al mio entusiasmo, quella voce di dentro che alla richiesta di chi voleva fare l’esperienza mi aveva fatto letteralmente saltare sulla sedia, alzando tutt’e due le braccia mentre affermavo risoluta “IO!”

Ricordo la frase di Eraclito che avevo inviato a Stefania all’inizio di questo percorso “chi non spera non troverà l’insperato: non v’è ricerca che vi conduca, né via”. Sabato scorso ho toccato l’insperato, che non sapevo cos’era: il coraggio di allargare le ali del desiderio ed esprimere un lampo della mia luce.
Lo so che con la luce prendono corpo le ombre; ma so anche che è nel dialogo tra luce ed ombre che si movimenta e acquista spessore la vita.

Grazie, Messer Filippo!

cupola notturna

Alzo gli occhi dalla tastiera e dalla finestra intravedo la cupola rosa, prodigio di grazia e possanza. La consuetudine me l’ha resa familiare, eppure mi sorprende ogni volta.Cattura il mio sguardo e per un attimo sospendo il respiro ogni volta che mi affaccio in terrazza.

L’ho vista sotto ogni luce e sotto ogni cielo: immobile eppur diversa, straordinaria lezione di bellezza quotidiana e fuori dal tempo che questa città mi dona ogni giorno.

Scendo le scale, esco per strada e mi aggrediscono i rumori, le bici parcheggiate sullo stretto marciapiede, lordato dalle cacche dei cani e dal vomito notturno degli ubriachi. Un altro mondo.

Eppure ho imparato la lezione: so che se resto vigile la meraviglia mi potrà sorprendere ancora, quando meno me lo aspetto. Il profumo segreto di un nespolo in fiore in un giardino nascosto. Un “buon giorno” con il sorriso negli occhi da un’ortolana al mercato. Un arcobaleno iridato in una pozzanghera. Un volo di uccelli acquatici a pelo dell’Arno e le canoe che scorrono lente.

Una volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla terra guardando il cielo perché è là che siete stati ed è là che vorrete tornare” – Leonardo da Vinci.

BENESSERE È CANTO CHE NON SI CANTA DA SOLI

il_buon_governo_Lorenzetti

Benessere:
È canto che non si canta da soli
Voci vicine, voci lontane…

È mistero che attinge all’abisso del cuore
È gioia che sgorga improvvisa
Leggero sospiro che lega col fuori

Parola
E non solo parola

Si veste col gesto
Si scopre nel gioco

Latte e seme

Dischiude le porte: abbraccia ed accoglie
Si nutre di doni che grato ricambia

Fertile desiderio che spinge e accompagna
Certezza feconda che apre al domani

Sono passati quasi due anni da quando prese questa “strana forma” la scaletta per raccogliere le idee in vista del convegno sul “Buongoverno per il benessere di donne e uomini nelle terre di Siena” che concludeva un lungo percorso di ricerca e di animazione territoriale.
Ho continuato a riflettere, a scrivere, a progettare per trovare le strade per dar vigore a quel “leggero sospiro che lega col fuori”.
Dopo che ho chiuso la stagione dell‘impegno diretto nella politica e nelle istituzioni, ho lavorato molto su di me, mi sento in pace…ma il mio benessere non è tale se per proteggermi chiudo le finestre al dolore, alle miserie, alle piccinerie del mondo circostante.
E allora “latte e seme”: capitolo appena accennato. Nutrirmi e nutrire con il meglio che ho saputo apprezzare, non smettere di curare i miei campi di presenza per raccogliere ed offrire merce genuina ed autentica; ma anche continuare a seminare, senza paura di aprire la mano e lasciare andare al vento!
Arriveranno stagioni migliori!

A VECCHIANO SIAMO COSÌ

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E con questa frase lapidaria sono stata tacitata, costretta a prendere atto che esistono ancora paesi e sistemi di relazioni dove l‘accoglienza non è un optional e se la sera vai a bere un bicchiere di vino e a mangiare un tagliere di affettati e formaggi, ci sta che te li gusti in compagnia…e che poi tu non debba nemmeno pagare il conto!
Ho scoperto Vecchiano di recente, grazie ad un incarico di formazione per il Comune. Avevo una vaga idea che si trovasse tra Pisa e Viareggio, senza riuscire a collocarlo sulla cartina geografica.
Non è una realtà fuori dal tempo, anche se il silenzio e l’atmosfera della piazza sonnacchiosa mi portano in una dimensione surreale. Mi raccontano infatti che nella fascia lungo la pineta il mercato della droga dilaga, la prostituzione e la micro criminalità d’inverno s’impossessano di aree intere, le difficoltà di dialogo e di rapporto tra generazioni sono le stesse delle grandi città…
Trovare un posto dove cenare, in una sera fredda e piovosa, se non hai la macchina può apparire un’impresa. Non ho visto l’insegna dell’unica trattoria, non mi andava la pizza a taglio e allora, seguendo l’indicazione che mi avevano dato nel pomeriggio, ho girato l’angolo, sono entrata nell’enoteca di Marco e mi sono sentita subito a mio agio, anche se ero nuova del posto e c’erano pochi avventori.
È trascorsa piacevolmente quasi un’ora, mentre fuori la pioggia cadeva sempre più battente ed io scoprivo che Marco aveva la metà dei miei anni, che siamo nati entrambi d’aprile, io il 13 e lui il 17, che era contento dell’attività intrapresa, perchè gli consentiva di ritrovare le sue radici di paese -che aveva lasciato ragazzo per l’avventura del calcio professionista. Aveva cominciato con un piccolissimo spazio di vendita di vino sfuso e da poco aveva aperto questo più ampio che gli dava il piacere di offrire- con un bicchiere di buon vino- uno luogo accogliente dove potersi incontrare, indipendentemente dall’età.
Poche parole, ma abbastanza da scoprirci in sintonia: persone che privilegiano i valori dell’incontro, della relazione, dell‘appartenenza ad un luogo ed a una comunità rispetto ad altri beni materiali.
La settimana successiva non ho avuto esitazioni sulla scelta del luogo per mangiare qualcosa all’ora di cena.
Questa volta c’era più gente. Mi sono seduta in mezzo a loro, senza sentirmi estranea, ma al tempo stessa osservatrice partecipe. Quando mi hanno portato il bicchiere di vino un signore ha detto “Il vino l’offro io” e, alle mie resistenze, “Così lo berrà alla nostra salute!”
Dopo ho scoperto che mi aveva offerto anche il tagliere di affettati e formaggi.
Mi dispiaceva non poterlo ringraziare, ma non lo vedevo più nei paraggi. Poi è velocemente ricomparso e a me che dicevo che non c’era motivo di tanta gentilezza ha risposto “A Vecchiano siamo così!”
Bella Vecchiano, nel tempo e fuori dal tempo. Non solo per il suo arenile, la pineta, la parete di roccia, il Serchio; ma perchè c’è chi sa ricreare luoghi dove ancora si offre da bere ad una matura signora sconosciuta, senza un motivo preciso, ma perchè “A Vecchiano si fa così”

Le parole sono semi

quaderni pasquale

Per Pasquale e i suoi quaderni

Le lasci andare e si disperdono al vento.
Forse troveranno un luogo dove posarsi,
forse rotoleranno qua e là fino a cambiar natura o logorarsi,
forse resteranno impigliate nella vischiosità dei luoghi comuni o dei fraintendimenti…
Puoi però depositarle con cura o gettarle alla rinfusa nel quaderno che ti accompagna e allora il seme, deposto dall’inchiostro sulla carta, racchiuso tra le pagine piegate, comincerà a germogliare…
Quella parola ha ora una forma.
Concepita nella tua mente è stata partorita dalla tua mano: la riconosci tua.
Uscita dal lessico dei vocabolari è diventata una tua creatura, inconfondibile e unica per la rotonda morbidezza delle vocali o per il tratto nervoso che taglia la ti.
Puoi osservarla da fuori, dialogare con lei: anche dopo tanto tempo puoi riconoscere il senso che aveva quando è stata tracciata sul foglio e misurare la diversità dal presente.
Le parole depositate nel quaderno ti accompagnano nel tempo, ti aiutano a prenderti cura di te, a rendere preziosi momenti che avrebbero potuto andar dimenticati, a coltivare il campo dei pensieri e delle emozioni.

il successo…e il succederà

joyce-lussu

Il successo, secondo Joyce Lussu.
Pubblico le sue parole in uno dei primi post, perchè siano di augurio.

“…ti confesso
che non mi interesso molto al successo
ma appassionatamente al succede e succederà.
Il successo è un paracarro
una pietra miliare
che segna il cammino già fatto.
Ma quanto più bello il cammino ancora da fare
la strada da percorrere, il ponte
da traversare
verso l’imprevedibile orizzonte
e la sorpresa del domani
che hai costruito anche tu”

Matura libertà

Matura libertà, baia incantata,
dove posare un giorno per partire
o restare
cullata dalla luna
carezzata dal vento e dal mare
piena la cava
di detriti, ricordi,
grezzi smeraldi ancora da tagliare

Matura libertà, spada affilata,
ferro forgiato dal fuoco
levigata la lama
a colpi ed abrasioni
freddezza tagliente
di ardente passione
nel buio più fondo tu arrivi,
recidi le false paure
distacchi fantasmi e rancori,
col filo più netti sezioni
i retti pensieri, le false opinioni

Matura libertà, scarpa sformata,
che il tempo rese amica mia di strada,
la stretta vicinanza
ci ha fatto anche del male,
il lungo camminare
la pelle ci ha segnato;
ma in te grata confido
(il mio piede e il mio passo conosci)
per scalare montagne
traversare torrenti
nella città tornare

Matura libertà, meta agognata,
occhieggi all’orizzonte
e mai ti fai toccare
sconfinata apertura
dove trovarmi e perdermi
nel fare e nel non fare,
appagata la fame
che sempre mi divora