La Madonna della Candelora

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Una festa minore, quella della Candelora, ma che occupa un grande posto nei miei ricordi.
Alla periferia di Vicchio, ai margini dei campi pianeggianti vicino alla Sieve sorge la villa de La Madonna, una bella costruzione padronale affiancata da una cappella di famiglia. La posizione nel fondovalle assolato e poco battuto dal vento la rendeva una meta ideale per le passeggiate invernali.
Là tutti gli anni il 2 di febbraio si svolgeva la festa della Candelora. Ricordo che la maestra ci accompagnava in fila fin laggiù dove c’erano bancherelle che vendevano dolciumi e gruppi di uomini giocavano alla rulla, facendo rotolare lungo il sentiero una grossa forma di formaggio pecorino lanciata con la spinta di uno spago velocemente srotolato.
Era la prima uscita che preannunciava la fine dell’inverno ed era una gioia camminare all’aperto, anche se infagottate nei cappotti e con il naso che gocciolava.
Si tornava a casa con una candelina lunga e sottile nelle mani e con in bocca il sapore delle “scole”, una specie di pan di ramerino al profumo di anice dalla strana forma romboidale.

Della cerimonia religiosa e del significato della ricorrenza non ho memoria.

Forse avrei dimenticato anche la festa se qualche anno fa non avessi accompagnato mia madre in una passeggiata pomeridiana a prendere un po’ di sole. Erano i primi tempi della sua malattia, la SLA non era ancora conclamata e la mamma aveva solo bisogno di un braccio che la sostenesse nel suo incerto procedere.
Quel pomeriggio c’era un insolito movimento sullo stradello di Zufolana, in direzione de La Madonna: era prevista un’apertura straordinaria della cappella per celebrare la solennità con un rosario. Senza bisogno di parole capii che che ci saremmo andate anche noi.
Vissi così un’ora intensa di estraniata presenza: ero estranea a quel rito, non condividevo le preghiere e le giaculatorie che ascoltavo recitare con voci che mi suonavano monotone e distratte, non ero spinta né sostenuta da sentimenti di fede, eppure poche volte mi sono sentita così presente a me stessa e vicina alla mamma che, lei si, era sostenuta da una fede sincera e profonda.
È stato quello il momento in cui ho sentito che la distanza tra i nostri diversi essere donna era colmata, che eravamo madre e figlia, che lei era in me e ci sarebbe rimasta, così come io ero stata in lei e che questo non poteva esser cancellato dal mio autonomo andare nel mondo…e che un grande amore ci univa.
Con lei che recitava il rosario con sincera fede religiosa anche io recitavo la mia preghiera laica a questa grande madre che tutto accoglie e che tutto abbraccia, a cui anche io mi potevo affidare per sostenere ed essere sostenuta.
Gli anni successivi sono stati carichi di dolore, ma anche di straordinaria pienezza di vita e di amore.
Sulla tomba di mia madre c’è una ceramica dipinta che recita “Grazie alla vita, che mi ha dato tanto, che mi ha dato il riso, che mi ha dato il pianto” e raffigura il gesto accogliente della Madonna dipinta da Giotto nella “Presentazione al tempio”. La Madonna della Candelora, appunto.